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Immersi nella nebbia del vercellese

Durante la sosta avevano notato che l’umidità dell’aria si era accentuata; una fastidiosa foschia aveva iniziato a nascondere il paesaggio agricolo che fiancheggiava la strada. Ben presto, nonostante fosse primo pomeriggio, la visibilità cominciò a farsi precaria. Ugo continuava a passarsi le mani guantate sugli occhialoni protettivi che l’umidità bagnava di minuscole goccioline. Antonio da dietro allungava il collo per guardare impensierito la strada che il compagno percorreva a velocità sempre minore.
Superarono Formigliana e le case del piccolo centro abitato diedero un poco di schiarita; il sollievo cessò quando imboccarono la strada verso Buronzo. La foschia si era trasformata in nebbia sempre più spessa; strada, campi, sporadici cascinali erano tuffati in una coltre grigia, umida e fredda nella quale nulla si poteva distinguere. Ugo procedeva a passo d’uomo; spesso il ciglio della strada gli si profilava davanti, costringendolo a brusche sterzate verso il centro della carreggiata.
A Balocco le case del paesino diedero una nuova pausa di visibilità accettabile. Antonio e Ugo decisero di fermarsi per attenuare la tensione di quel procedere tormentato. Si consultarono; convennero che proseguire verso Buronzo fosse l’unica soluzione saggia. Da lì si poteva imboccare il tragitto più breve verso nord e verso casa.
Tornare a Formigliana avrebbe allungato il percorso e non avrebbe migliorato la qualità del viaggio. Anzi.

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