Ricordo papà nel ventesimo anniversario della morte
E così sono passati vent'anni!
È proprio vero che il tempo è relativo. È la più stupida delle stupide frasi fatte, ma spesso vieni travolto dalla veridicità del contenuto. Nella vita di un uomo i primi vent'anni sembrano eterni, non finiscono mai. Da lì in poi i vent'anni si accorciano come per magia; ogni mese diventa un attimo che finisce troppo presto.
Oggi sono vent'anni da quando papà se n'è andato. Sembra ieri (altra frase fatta).
Era quieto nel suo letto di ospedale, aveva subito un'operazione devastante, era in attesa di non si sa bene cosa: forse di penare per molti mesi aspettando una morte che sarebbe arrivata inesorabile, tra mille torture. Invece il suo cuore ebbe un soprassalto di orgoglio, di ribellione e si fermò, si rifiutò di continuare a battere per procrastinare una tortura disumana e assurda.
Io stavo tornando in auto all'ospedale dove avrei trascorso la notte con lui per assisterlo; mi raggiunse la telefonata del medico di guardia per annunciarmi con umanissimo imbarazzo che "il paziente era spirato".
Probabile gioia per mio padre, sicuro dolore immenso per me. Ero solo in auto e non avevo remora né motivo per trattenermi. Urlai con tutto il fiato che avevo in gola il mio sgomento e piansi.
Poco più tardi, ritrovato un precario equilibrio, salii le scale dell'istituto dove era ricoverato e mi condussero nella saletta in cui l'avevano posizionato. Aveva gli occhi chiusi, sembrava sereno. Lo baciai; scoprii ancora il calore vitale nel suo viso. Quel calore mi sembrò naturale e innaturale contemporaneamente.
Facevo fatica a ficcare dentro me stesso la consapevolezza che non avrebbe parlato più, non avrebbe scherzato più come suo solito, non sarebbe sparito più, come d'abitudine, nell'impossibilità di rimanere fermo per più di qualche minuto nello stesso luogo.
Il mio papà era lì, immobile, riscaldato da un rimasuglio di tepore che presto sarebbe svanito.
Questi ricordi sono così vividi che sembra impossibile siano trascorsi vent'anni.
Come è assurda la natura umana!
Le memorie dei momenti di gioia svaniscono come bolle di sapone, quelli di dolore atroce si radicano in noi come piante infestanti. Non è giusto!
Non è giusto neppure che siano già vent'anni da quando papà ha finito la sua vita e io in questo lasso di tempo sto già quasi raggiungendo l'età che aveva allora.
Questi quattro lustri mi hanno insegnato molto. Ho rivalutato la figura dell'uomo che non solo mi ha generato, ma mi è stato modello per tutte le qualità che sono orgoglioso di avere.
Mi hanno insegnato a ringraziarlo spesso in questa stagione matura della mia vita.
Mi hanno abituato a vivere con la sua presenza, a volte così vivida che nella testa mi risuona la sua voce sempre pronta alla battuta di spirito.
Concludo questo ricordo con un'ulteriore frase retorica e scontata, ma formidabilmente vera: sei dentro di me, papà.
Continui a vivere finché sarò vivo.
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