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Alle prese con due donne infuriate

Un uragano tropicale spalancò la porta della camera. Due donne con gli occhi iniettati di sangue e i capelli a mo’ di vipera, stile Medusa del Caravaggio, irruppero come agenti Digos nel covo di un boss camorrista armato. Per una frazione di secondo pensai che non fosse carino per delle gentildonne entrare così nella stanza di un uomo senza bussare, ma decisi che non era il caso di fare rimostranze.
La mite signora fu la prima a parlare, Petronilla sembrava ne fosse impedita da un violento accesso d’asma. «E tu, sciagurato, avresti permesso a Camilla di salire sui miei divani?» mi ringhiò molto meno mite del solito.
Volevo obiettare che, dipendendo da me, non permetterei mai e a nessun cane di salire su un divano, per nessuna ragione. Anche questa disquisizione su principi di sana educazione canina mi parvero fuori luogo in quel momento e tacqui.
Cercavo di farmi più piccolo possibile, mentre le due furie umane mi sovrastavano minacciose.
Finalmente anche Petronilla sembrò ritrovare il dono della parola. Si erse su di me mentre io mi accartocciavo su me stesso. Lei era un cobra davanti a un coniglietto tremante. Mi lanciava occhiate laser, mentre io, prossima preda, pendevo dalla lingua biforcuta, ipnotizzato dal movimento delle spire.
Le sue parole furono sassi lanciati a incidere la roccia: «Adesso TU me la lavi tutta subito!».
Quel TU venne pronunciato come una granata esplosa sul mio musetto conigliesco. Ho un sesto senso formidabile! Intuii immediatamente che il “me la lavi” di Petronilla si riferiva alla cagnetta e non ad altro.

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