Il giuramento degli Alpini
«Giuro di essere fedele a Sua Maestà il Re e ai suoi Reali Successori, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato e di adempiere tutti i doveri del mio Stato, con il sol scopo del bene inseparabile del Re e della Patria.»
Al cenno convenuto i soldati dovevano esplodere il grido “giuro”, urlato a pieno petto. Ci fu, ma confuso, biascicato. Gianni notò che pochi avevano gridato; molti erano rimasti silenziosi, qualcuno aveva semplicemente emesso un suono inintelligibile, come un rantolo di protesta. Ci fu un attimo di sconcerto tra ufficiali e notabili. Poi, inaspettatamente e in modo sorprendente, qualcuno intonò il più alpino dei canti Alpini. Prima una, due tre voci isolate, poi in rapidissima successione altre dieci, trenta, cinquanta; poi ancora cento, duecento, cinquecento.
“Sul ponte di Perati, bandiera nera,
è il lutto degli Alpini che fan la guerra.
Sui monti della Grecia c’è la Voiussa,
del sangue della Julia ’è fatta rossa.
Alpini della Julia in alto il cuore!
Sul Ponte di Perati c’è il tricolore.”
L’anfiteatro del Rutor fece da cassa di risonanza alle centinaia, migliaia di voci che componevano l’immenso coro; le parole struggenti furono sillabate, unificando le inflessioni di ragazzi provenienti da regioni diverse. C’era un unico cuore immenso nel canto spontaneo. Un’emozione travolgente per tutti: soldati, autorità, comandanti.
Allora Gianni capì e con lui molti di coloro che avevano dubbi. Gli Alpini giuravano fedeltà alla patria, al Re che li rappresentava, alla capacità di morire per difendere l’Italia e gli italiani. Non giuravano al fascismo, non giuravano a una guerra che li vedeva vittime e non protagonisti. Giuravano di essere Alpini con lo spirito che è dentro a ogni Alpino e che mai sarebbe venuto meno a esso. E lo facevano con il canto, il loro canto.