La dichiarazione di guerra di Mussolini
“L’ora delle decisioni irrevocabili” era nell’aria da tempo. A Domodossola, come nel resto d’Italia, la mobilitazione della propaganda fascista raggiunse il parossismo. La popolazione venne sollecitata a raggiungere Piazza Mercato dove gli altoparlanti avrebbero trasmesso il discorso del Duce. Con stati d’animo disomogenei, una folla straripante si radunò e alle diciotto e quindici si ebbe la conferma di ciò che già tutti sapevano: l’Italia si schierava al fianco della Germania di Hitler, dichiarando guerra a Gran Bretagna e Francia.
Ugo, Italo e Gianni, in rappresentanza della famiglia, erano in un angolo della piazza; assistettero costernati alle manifestazioni di giubilo che il discorso di Mussolini provocò in una parte non certo minoritaria dei cittadini.
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La Germania nazista era malvista da tutti loro; ne avevano constatato la schiacciante prepotenza e l’aggressiva vocazione guerresca. Ciò li preoccupava e li spaventava. La contiguità, andata crescendo, di Mussolini a Hitler era un formidabile deterrente alla
loro tiepida approvazione del fascismo, se mai vi fosse stata.
Quando poi negli ultimi due anni i venti di guerra erano diventati più che percettibili e avevano cominciato a soffiare insistentemente anche a Roma, l’indifferenza dei Succhiero al fascismo era diventata rifiuto netto e senza tentennamenti. La guerra era
orrenda, Ugo e i suoi lo sapevano fin troppo bene; nulla di buono sarebbe mai venuto dai cannoni. Non potevano né volevano esporsi, ma in casa il dissenso contro il governo e il suo indiscusso Capo, non erano taciuti.
In quel momento, in Piazza Mercato, se avessero potuto, Ugo, Italo e anche il giovane Gianni avrebbero preso a sberle la massa vociante ed esultante che accoglieva con scervellato giubilo l’annuncio di guerra del Duce.
Tornarono a casa, cupi.