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La triste, romantica storia di Shah Jahan

Dalle terrazze e dai contrafforti che danno sulla piana del fiume Yamuna, a sud-est si intravvede la sagoma imponente del Taj Mahal. Da uno di questi punti di osservazione, l’imperatore Shah Jahan, imprigionato dal figlio, osservava la meravigliosa tomba che aveva fatto costruire per la moglie morta. Interessante e curiosa la parabola di questo potentissimo imperatore.
Vissuto tra la fine del 1500 e la prima metà del 1600, fu uno dei grandi imperatori moghul. Dotato di gusto artistico degno dei principi rinascimentali europei, fece costruire numerosissimi edifici in ogni angolo del suo impero, tutti caratterizzati da magnificenza e imponente spettacolarità. Secondo la consuetudine del tempo, sposò molte mogli, ma la sua favorita, di cui rimase profondamente innamorato per tutta la vita, fu Mumtaz Mahal. Di questa imperatrice non si sa molto, se non che fu di bellezza leggendaria. Una poesia del tempo dice che la luna si vergognava a comparire al suo cospetto e svaniva nel cielo quando la donna, nella sua fulgida bellezza, si affacciava al balcone.
Mumtaz morì a trentotto anni, dando alla luce il quattordicesimo figlio. Shah Jahan, distrutto dal dolore, volle celebrarla nel modo che gli era più congeniale: costruendo il più imponente, magnifico, stupefacente mausoleo che fosse mai stato concepito da mente umana.
La vita di questo imperatore innamorato dell’arte finì tristemente. Una congiura ordita da uno dei suoi figli lo spodestò. Questi non osò ucciderlo, ma lo imprigionò nel Forte di Agra e le cronache narrano del vecchio sovrano decaduto che, negli otto anni che sopravvisse prigioniero di suo figlio, usava sostare nelle terrazze del forte, ammirando in lontananza il profilo incantevole del mausoleo dell’amata Mumtaz. Proprio come adesso facciamo noi, scanzonati cicloturisti italiani, che non restiamo indifferenti allo spettacolo del Taj Mahal in lontananza, quasi come se percepissimo la presenza del vecchio triste Shah Jahan accanto a noi.

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