Un burlone irriducibile
In paese circolava un aneddoto sul suo conto che, vero o leggenda che fosse, rifletteva a meraviglia l’indole di Carlo: si raccontava che un giorno, quando aveva circa vent’anni, era nel mezzo di un campo a lavorare di ranza. Tutto curvo nel lavoro, venne interpellato da uno sconosciuto che, fermo sulla strada a cinquanta metri da lui, chiedeva indicazioni.
– Mi scusi, quanto c’è da qui a Crocemosso? – domandò il forestiero.
– Venticinque minuti – rispose Carlo con sicurezza, approfittando per affilare la ranza.
– Grazie.
L’uomo sollevò la borsa e si avviò a passo molto veloce nella direzione corretta.
Carlo lo lasciò allontanare di duecento metri, ma poi, prima che sparisse dietro una curva della strada, gli si rivolse urlando.
– Ehi! Ehi voi! – gridò.
– Sì, che c’è? – rispose quello senza fermarsi.
Carlo gli fece segno perentorio con la mano di tornare indietro.
– Venite! Venite! – insistette Carlo.
L’uomo, sperando che l’altro gli indicasse una scorciatoia, tornò sui suoi passi fino ad arrivare a pochi metri da dove aveva interpellato il contadino la prima volta.
– Che c’è? – chiese speranzoso.
– Volevo dirvi che con quel passo sono sufficienti diciotto minuti – rispose serafico quel buontempone.
Non si conosce la reazione di quel tale, ma probabilmente non si iscrisse alla schiera, numerosa, degli estimatori di Carlo e del suo umorismo.