Se l'Italia è piena di fascisti, come dicono, chi ca@@o avrebbero sconfitto i partigiani?
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Questa domanda, evidentemente posta da un nostalgico, mi ha stimolato una riflessione che voglio condividere.
Due caratteristiche sono insite nell’essere umano: stupidità e crudeltà. Esse sono parenti strette ma non si identificano; si può essere stupidi ma non crudeli (caso frequente) e crudeli ma non stupidi (più raro). Parafrasando George Bernard Shaw si potrebbe dire: "per essere crudeli non è necessario essere stupidi, però aiuta molto".
Sulla stupidità umana il grande scienziato Einstein aveva un’opinione netta: “solo due cose al mondo sono infinite”, diceva “l’universo e la stupidità umana, ma sull’universo ho qualche dubbio”.
Ci fu un tempo, ci spiega la Bibbia, che Dio, stanco di stupidità e crudeltà umane, decise di sradicarle compiendo un genocidio; così scatenò il diluvio universale. Purtroppo (o per fortuna) dimenticò di sterminare una superstite coppia di umani. In quattro e quattro otto il pianeta si ripopolò e tutto tornò come prima.
Molti secoli dopo, alcune persone probabilmente stupide e sicuramente crudeli andarono al potere e decisero di chiamarsi fascisti e nazisti. Programmarono che il mondo andasse assoggettato al loro dominio e ai loro obiettivi, tra cui c’era lo sterminare quelli che consideravano diversi da loro, come ebrei, omosessuali, zingari, disabili e, più in generale, tutti coloro che non corrispondevano ai loro canoni di perfezione umana, totalmente opinabile. In base alle loro convinzioni scatenarono una terrificante guerra mondiale in cui, oltre a uccidere in battaglie cruente quanti più nemici possibili, organizzarono campi di sterminio per eliminare tutti quelli che non rispondevano ai requisiti richiesti per meritare di continuare a vivere. Si inventarono camere a gas e forni crematori in cui sublimarono il massimo della stupidità e della crudeltà in una miscela irripetibile.
Fu un genocidio a cui ovviamente il resto dell’umanità si oppose vigorosamente, combattendo contro gli stupidi, prepotenti e crudeli che volevano dominare il mondo con quelle folli idee. In Italia nacque un movimento, detto poi Resistenza, in cui confluirono coraggiosi combattenti: i partigiani. Non tutti gli oppositori furono partigiani e tra questi ultimi non tutti pensavano identicamente, ma tutti avevano l’obiettivo di sconfiggere i prepotenti e crudeli aspiranti al dominio del pianeta.
Gli oppositori - partigiani e non - riuscirono nell’intento: sconfissero i folli nazisti e fascisti, eliminando molti di loro e mettendo altri in condizione di non nuocere più.
Non era e non fu né obiettivo né scopo né progetto dei partigiani compiere un genocidio per eliminare gli ex prepotenti, né – meno che mai – sradicare crudeltà e stupidità dal pianeta terra. Figuriamoci! Non c’era riuscito Dio, come avrebbero potuto riuscirci i partigiani?
E così crudeltà e stupidità continuarono a prosperare e proliferare nel mondo, lasciando a partigiani e ai loro eredi spirituali il compito di garantire che la prepotenza che aveva caratterizzato coloro che volevano assoggettare il pianeta non si ripresentasse più, almeno in quelle forme crudeli e grottesche.
E la crudeltà? E la stupidità? Quelle non le sradica nessuno, continuano a esistere. Per verificarlo basta aprire un qualsiasi notiziario e si vede quanta crudeltà può ancora esprimere l’essere umano anche ai tempi nostri. C’è solo l’imbarazzo della scelta.
Per la stupidità è ancora più facile riscontrarla. Basta leggere una domanda come quella che ha dato il via a questa mia riflessione.
Le vicende politiche di questi giorni mi stimolano una riflessione.
Le elezioni francesi sono state uno straordinario esempio di maturità politica di una Nazione.
Le votazioni Europee, con un fenomeno inquietante come l'astensionismo a farla da padrone, avevano premiato la destra populista di Le Pen e Bardella in modo inappellabile.
Macron ha reagito con una mossa coraggiosa e, a parere di molti, un po' folle. La prima votazione sembrava avere messo il Presidente ancora più con le spalle al muro.
Ma i giochi non erano chiusi.
Macron si è inventato un concetto innovativo: il patto di desistenza, ovvero il principio per cui i candidati più deboli rinunciassero alla sfida, per non disperdere voti preziosi in favore dei più forti.
Inoltre, la Francia si è attivata per scongiurare l'astensionismo che avrebbe avvantaggiato la destra estrema. La miscela ha funzionato a meraviglia. Le Pen e Bardella, presunti vincitori a man bassa, si sono ritrovati a essere scavalcati sia dalla sinistra, sia dai seguaci di Macron. Un verdetto clamoroso e inaspettato. Adesso viene il difficile, è ovvio, perché mettere insieme una forma di governo stabile e duratura non sarà semplice, ma il rischio di una deriva populista e devastante per gli equilibri è stata esorcizzata.
Macron dovrà dare ancora prova di saggezza e capacità innovativa. Io ci spero e lo auspico.
Inevitabile fare il confronto con la situazione italiana.
Un patto di desistenza simile e un appello analogo per disinnescare l'astensionismo sarebbero possibili in condizioni similari?
La risposta viene dall'esame di un caso eclatante verificatosi nelle ultime elezioni europee.
Due dei politici più quotati nel nostro Paese, parlo di Calenda e Renzi, si erano alleati tempo fa. Entrambi avevano buone chance di avere un discreto successo insieme e sarebbe stato positivo anche per l'Italia. Cosa è successo l'abbiamo visto tutti. Incapaci di fare una scelta vincente, una scelta che avrebbe fruttato un buon 8% di potenziali consensi, hanno litigato come i capponi di manzoniana memoria. Si sono martirizzati l'un l'altro, finendo entrambi sconfitti e fuori dall'Europa. Altro che desistenza!
Il colmo è che tutti e due appartengono a un'area politica con più analogie che differenze.
Questo non è stupido? Sì, lo è, ma questa è l'Italia e questa è la politica italiana, dove si sacrifica autolesionisticamente la vittoria per fare dispetto all'altro.
Un caso simile di suicidio elettorale sarebbe stato possibile in Francia? La risposta è nei fatti: no.
Nel frattempo, è esplosa la vicenda dell'omaggio a Berlusconi con l'intitolazione del secondo aeroporto italiano a un personaggio che bonariamente si deve definire divisivo, ma si potrebbero usare aggettivi molto più crudi.
Così abbiamo i francesi che intitolano il loro maggiore aeroporto a Charles De Gaulle (un signore non certo di sinistra), personaggio che ha fatto la storia della Francia e dell'Europa. Così un viaggiatore in volo da Parigi a Milano partirà da uno scalo il cui nome richiama il concetto di "grandeur", arrivando in Italia in un aeroporto il cui nomignolo sarà (lo è già) "bunga bunga".
Viva l'Italia!
Avrò avuto una dozzina d’anni. A casa nostra veniva due o tre volte all’anno una vecchia zia di mia madre a cui tutti eravamo affezionati. Lei abitava a Milano, era una “cittadina”, nei modi e nei pensieri, ma le piaceva soggiornare qualche giorno a Domodossola dai suoi parenti più stretti, nonostante in cuor suo ci considerasse un po’ paesanotti. Noi tolleravamo e sorridevamo delle sue piccole manie di vecchia signora ultraottuagenaria, compatendo innocue fissazioni di donna abituata a vivere sola soletta nella metropoli lombarda.
Mangiava di tutto, facendo onore alla cucina di mia madre, ma aveva drastici vezzi alimentari, dettati dalla pubblicità (allora si diceva réclame), che in quegli anni lontani iniziava l’asfissiante marketing a cui oggi siamo – ahinoi – avvezzi. I dadi per il brodo dovevano obbligatoriamente essere Liebig, pontificava la vecchia zia, il burro rigorosamente Prealpi, l’olio immancabilmente Sasso e le conserve alimentari inequivocabilmente Cirio.
Mia madre ogni mattina preparava la colazione per la vegliarda e per il resto della famiglia che, compostamente, si radunava attorno al tavolo per compiere il rito del primo pasto della giornata.
Un giorno, mia madre preparò un caffè fumante, alcune michette appena sfornate dal panettiere sotto casa, un bricchetto di latte portato sull’uscio dal lattaio (ah, che tempi!), un piattino con burro Prealpi, ancora avvolto nel pacchettino bianco, con il marchio bene in vista. Poi servì la marmellata. Conoscendo benissimo sua zia, usò un piccolo stratagemma. Nel segreto della cucina aveva preso la confettura di non ricordo quale frutto, preparata con le proprie mani, l’aveva messa in un barattolo vuoto Cirio e l’aveva servita in tavola, a disposizione dell’esigente ospite.
Io ero al corrente del trucco. Osservai la zia che placidamente aprì una michetta a metà, spalmò con grazia il burro Prealpi sulla mollica, intinse il cucchiaino nel vasetto della marmellata e aggiunse una copiosa dose di quella prelibatezza sul panino multistrato. Addentò e gustò il sapore chiudendo gli occhi, estasiata.
Non seppe trattenersi: «Cirio e poi più!», commentò con trasporto. Mia madre, io e gli altri complici della congiura faticammo a non ridere, anzi a rimanere composti e impassibili, mentre la marmellata made by mamma trionfava sulle papille gustative della dolce vecchina.
Giorgia Meloni non sta sbagliando nulla, lo devo ammettere, nonostante il mio cuore antifascista soffra un po’ nel riconoscerlo.
Dichiarazioni imperniate sull’equilibrio e la moderazione, compostezza nei toni e negli atteggiamenti, nessun trionfalismo dopo la netta vittoria alle elezioni, anzi una consegna rigorosa con se stessa e con i suoi di non indulgere in alcun festeggiamento, recitando come un mantra che l’impresa di varare un governo “all’altezza”, implichi sobrietà e nessun brindisi, vista la situazione drammatica attuale.
L’elezione di La Russa è stata una coltellata per me e per tutti coloro che vomitano al solo pensiero di avere un fascista, mussoliniano della peggior specie, a ricoprire la seconda carica dello stato. Eppure, quel personaggio tristo e bieco, e pure brutto a vedersi, ha saputo confezionare un discorso di esordio (e io non ho dubbi che ogni singola parola sia stata concordata con la sua “capa”) che mi ha sorpreso non poco - (attenzione: sorpreso non vuole dire tranquillizzato!), - in cui ha riecheggiato Luciano Violante in un’analoga investitura, quale presidente della Camera nel 1996. La Russa ha riconosciuto la legittimità di feste quali il 25 aprile e il primo maggio, giorni che la destra ha sempre ignorato fino al disprezzo, soprattutto ha pronunciato parole “pesanti”, commentando il discorso di Liliana Segre, discorso marcatamente antifascista (se non è antifascista lei, chi può esserlo?), in cui testualmente ha dichiarato di “applaudire ogni parola” pronunciata dalla senatrice a vita.
Tornando alla Meloni, stenderei un pietoso velo sull’elezione di Lorenzo Fontana, che avrebbe potuto essere peggiore solo eleggendo l’inqualificabile Simone Pillon che, per fortuna, non è più né deputato né senatore; mi piace pensare che la Meloni abbia accettato un personaggio da medioevo come Fontana, non potendo dire altri no all’alleato Salvini. A quest’ultimo la ducetta della Garbatella ha negato il posto di ministro dell’interno – e l’ha negato con forza, rischiando ritorsioni del leghista – per un opportuno gioco politico che provo a spiegare. Salvini agli interni è una mina vagante, lo sa anche la Meloni: il suo giochino ricalcherebbe quello già applicato con Conte, Di Maio e i 5S, ovvero azioni tanto folli quanto plateali a favore di legittima difesa, immigrazioni, barconi, ecc. Il tutto finalizzato a eccitare la pancia di italiani di bocca buona, propiziandone il ritorno alla Lega, almeno nei sondaggi. Salvini, non sa e se lo sa se ne frega, che questi comportamenti dissennati sarebbero malvisti dall’Europa che conta, ovvero quella di Bruxelles, Berlino e Parigi. La Presidente dei Fratelli d’Italia ha chiarissimo in mente che la durata del suo governo passa dall’armonia con le altre cancellerie importanti europee e gli USA; tra l’Amicizia di Salvini e quella dell’Occidente, Giorgia non ha il minimo dubbio: sceglie la UE e Biden.
Questa strategia è chiarissima nei comportamenti della Meloni, o almeno a me pare tale.
Anche il grave incidente diplomatico con Berlusconi è stato illuminante: meglio una rottura con il vecchio puttaniere bollito, che sottostare ai suoi pericolosi capricci, che si chiamino Ronzulli o Fascina.
Sintesi. La Meloni ha vinto, ma sa che la destra (che sogna Salvini) non può governare se non il tempo di un gelato al sole. La destra può governare (e Giorgia l’ha capito benissimo) quanto più rinnega se stessa o almeno si maschera. Paradossalmente la Meloni deve fare quello che farebbe Draghi, se vuole che l’Occidente la lasci governare. Così sta facendo (o dando l’impressione di volere fare). Ministri di alto profilo, attenzione all’austerità economica che sarebbe pericolosissimo e devastante disattendere, atlantismo chiaro e netto, amicizia con l’Ucraina e avversione a Putin, difesa delle istanze sociali, in primis la legge 194 che la premier futura ha dichiarato con forza di volere mantenere.
Ma chi diavolo è Giorgia Meloni?
Semplice: è un vasetto della Cirio con dentro marmellata fatta in casa. Il barattolo e l’etichetta indicano destra e anche estrema destra, ma il contenuto interno è qualcosa di diverso, non diciamo che sia sinistra, ma almeno in linea con ciò che avrebbe fatto Draghi (e il PD dei Gentiloni e dei Letta) questo sì.
E gli elettori? Che dicono?
Quelli di destra sono come vecchie zie: basta che il barattolo sia quello che piace a loro, poi che il contenuto non sia in linea con quanto vorrebbero, è trascurabile. Tanto non se ne accorgono.
E quelli di sinistra? Beh, anche molti di loro sono come vecchie zie (un po’ meno di quelli di destra): per loro l’etichetta del barattolo sarà sempre da vituperare, non si accorgeranno minimamente che il contenuto, la marmellata, potrebbe essere in linea con quello che avrebbero fatto Draghi e il PD. Continueranno a brontolare, criticare e a sentirsi vittime di neofascismo.
In fondo è un film già visto. Quando fu abbattuto il governo Conte ci furono plausi e sospiri di sollievo da destra e da sinistra. Arrivò Draghi e ricalcò quello che aveva fatto il predecessore (barattolo diverso, ma marmellata sempre uguale): le vecchie zie di destra e di sinistra applaudirono perché… “Draghi sì, Conte no”.
Il nodo, care vecchie zie, è che il sistema Italia si regge solo se le nostre scelte e i nostri governi sono marmellata che piace a Bruxelles, a Berlino, a Parigi e a Washington: il barattolo può essere quello che ci pare, di destra o di sinistra, rosso o nero.
La Meloni sembra averlo capito. Forse perché – come sussurrano – il suo compagno di vita è di sinistra?
Un amico ripropone in un messaggio privato il solito, stucchevole confronto tra nazifascismo e comunismo. Una certa scuola di pensiero tende a minimizzare e anche giustificare le nefandezze storiche della destra dittatoriale, all’insegna di un qualunquistico “il comunismo ha fatto e continua a fare di peggio”.
Ecco il messaggio che ho ricevuto.
RICORDIAMOCI CHE NAZISMO E FASCISMO SONO STATI SCONFITTI OTTANTA ANNI FA, IL COMUNISMO NO; LA GUERRA CONTRO IL RUSSO STA METTENDO IN GINOCCHIO LE ECONOMIE EUROPEE, IL CINESE ROMPE I COGLIONI A TAIWAN E IL NORDCOREANO GIOCA A LANCIARE MISSILI INTIMIDATORI
A questo ragionamento che io considero sbagliatissimo, soprattutto in un momento storico in cui gli Italiani si apprestano a riversare una valanga di voti su Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia, io contrappongo questo ragionamento che voglio condividere con i miei contatti su Facebook.
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Visto che siamo in vena di ripassare la storia, sottolineo che ottant’anni fa vennero sconfitti Hitler e Mussolini con i loro tragici regimi, ma non vennero dissolti né il nazismo né soprattutto il fascismo.
Ribadisco che in Italia il comunismo non ha mai attecchito a livello governativo, mentre il mito dell'uomo forte e capo assoluto, caro alla destra, ha ancora un fascino SUBDOLO, PERICOLOSO e DIFFUSO anche in chi di destra non dovrebbe essere (si vedano gli operai che votano Lega e FdI).
La Storia ci spiega che Mussolini conquistò il potere nel momento in cui gli italiani erano spaventati dai disordini causati da movimenti socialisti (il comunismo sarebbe arrivato solo nel 1921, quando già incombeva il fascismo).
Oggi il fascismo è nuovamente vivo e vegeto e, come cento anni fa, lo spauracchio che lo rivitalizza sono i (presunti) disordini. Oggi le insicurezze, le minacce sociali vengono attribuite agli immigrati, e sono fandonie come documentano le statistiche; allora erano attribuite ai movimenti operai.
Sono passati cento anni esatti: la marcia su Roma avvenne nell'ottobre del 1922.
Cento anni dopo (guarda che coincidenza!) i Fratelli d'Italia, nipoti di quel fascismo che mai hanno rinnegato, si apprestano a tornare al potere e, beffa nella beffa, la “nipotina” Meloni ha ottime possibilità di varare il suo Governo proprio nel giorno anniversario di quello che Vittorio Emanuele III affidò a "nonno" Benito.
Nel frattempo, gli italiani boccaloni (o creduloni, come sottintende un azzeccato slogan leghista) sono impegnati a temere invasioni islamiche (inesistenti) e a paventare l'avvento dei feroci comunisti perché… "guarda cosa succede in Cina e in Corea del Nord".
Già! È un modo efficacissimo sventolare lo spauracchio dell'arrivo dei rossi, ha funzionato già quando a impugnare il vessillo dell’anticomunismo per “salvare l’Italia” era Berlusconi, il quale l’ha salvata così tanto da rischiare la bancarotta economica. Si parla di comunismo e si allude ai regimi di Stalin, Pol Pot e simili feroci tiranni; nessuno di loro ha mai governato in Italia, che mi risulti. In Italia i vituperati “compagni” hanno sempre e solo contribuito a fare crescere la nostra ricchezza, economica politica sociale. E oggi sono malinconicamente spariti nel nulla.
Sull'altra sponda Giorgia Meloni, affiancata platealmente da movimenti neofascisti e neonazisti, è in procinto di salire al potere, con l'intento, già dichiarato urbi et orbi, di cambiare la Costituzione e favorire la concentrazione del potere nelle mani di una persona sola. Il mito dell’”uomo forte” non è meno pericoloso se si concretizza con la “donna forte”.
Sono passati cento anni, esatti al minuto secondo, e gli italiani, per i quali la Storia si ferma all'ultima di campionato, stanno per assistere indifferenti e compiaciuti al ritorno del fascismo in Italia, mentre preoccupatissimi guardano con sospetto a quello che avviene in Corea del Nord e in Cina.
Ricapitoliamo. Quando cominciai a pormi domande sui governi in Italia, c'erano Fanfani, Andreotti e Moro; non li votai mai. Poi arrivarono Rumor, Forlani, De Mita; non li votai mai. A quel tempo promettevo a me stesso che non sarei morto democristiano, la mia generazione avrebbe debellato la DC.
Tra i socialisti imperversava Craxi, che aveva saputo come diventare l'ago della bilancia; non lo votai mai.
Io votavo Berlinguer, che continuai a votare anche dopo che Berlinguer era morto.
Arrivò un disinvolto imprenditore dalle amicizie dubbie, protetto da Craxi, tale Berlusconi, il quale decise di scendere in campo per – diceva - "arginare i comunisti", senza considerare che i comunisti si erano già arginati da soli, cambiando addirittura nome.
Ben presto, tutti quelli senza fette di salame davanti agli occhi, si accorsero che Berlusconi non voleva salvare la Patria, ma le sue aziende; dopo avere mandato "in vacca" la cultura con le televisioni, cercò di mandare "in vacca" anche l'Italia intera, riuscendoci in buona parte, come debito pubblico e spread mostrarono.
Sdoganò i neofascisti di Almirante, che nel frattempo erano diventati di Fini, diede dignità di statista (statista!) a un cialtrone di nome Bossi, che in un paese normale, e con una moglie saggia, non avrebbe amministrato neppure casa sua.
Nel frattempo, il PCI (con nome diverso) e la DC (con nome diverso) avevano realizzato il compromesso storico (con nome diverso), progetto chimerico di Berlinguer e Moro: si chiamò "Ulivo" e poi divenne PD. Io, imperterrito, continuai a votare Berlinguer, morto da oltre un decennio. Nel nome di Berlinguer il mio voto andò al famigerato PD, visto che Bertinotti e Cossutta non mi sembravano eredi del grande politico sardo.
Frattanto le cose in Italia andavano di male in peggio, anche se rimaniamo un Paese benestante e stupido; piano piano il secondo aggettivo sta superando il primo.
Per un bel po' si contrapposero due blocchi: una sinistra che ha poco o nulla di sinistra ma rispecchia la vecchia DC, contrapposta a una destra, in cui Berlusconi è stato abbandonato (giustamente) persino dai suoi tifosi degli esordi; Fini (che tra tutti era il più in gamba) è stato defenestrato; Bossi, è visibilmente rimbambito (lo era anche prima, ma adesso è palese), l'hanno sostituito con Salvini. Quest’ultimo è così stupidamente ambiguo e inaffidabile che è riuscito a fare rimpiangere Bossi, travasando valanghe di voti alla nipotina di Almirante, Giorgia Meloni, la quale vale più di Berlusconi (come politico non è un fulmine) e di Salvini (non c’è confronto).
In questo contesto sono nati e prosperati i Grillini. Essi nascono da un gustoso e seguitissimo blog di Beppe Grillo, il quale, smessi i panni del comico (in cui, va riconosciuto, era bravo) e, visto che sfottere sanguinosamente i socialisti, ripagava in termini di successo, iniziò a “vaffanculeggiare” non solo i socialisti (esiliato e poi morto Craxi erano scomparsi anche loro), ma tutto l'arco parlamentare, da destra a sinistra. Ebbe seguito e fondò un partito, i 5 Stelle, che non voleva chiamarsi partito, pur essendo e facendo il partito.
A questo punto gli sconquassi si sono sommati agli sconquassi e, come un castigo di Zeus, è arrivata la pandemia. Grillo ha stravinto le elezioni del 2018, dimostrando, se ce ne fosse bisogno, che gli italiani votano con la pancia (parte bassa, s’intende) e non con la testa. Toccava ai 5S governare, così si sono inventati un premier sconosciuto e hanno provato ad allearsi con Salvini.
Quest'ultimo, già incapace di suo, si è pure ubriacato e in quattro e quattr’otto ha sfasciato il governicchio.
La ex DC, più nota come PD, è subentrata alla Lega e ha fatto un altro governicchio con i grillini. Non si sa come avrebbero amministrato l'Italia in condizioni normali, perché il Covid-19 ha sparigliato le carte. Il premier sconosciuto ha fatto del suo meglio per pilotare l'Italia tra i marosi della pandemia e, a parere di molti, ci è riuscito bene. Anch’io la penso così.
I giochi politici (la DC non cambia mai) hanno fatto saltare il banco ancora una volta e, come salvatore della Patria, è arrivato Draghi. Il prestigioso banchiere ha fatto esattamente quello che stava facendo Conte con PD e grillini; ha confermato larga parte dell’organico del predecessore e ne ha ricalcato le azioni; in più ha imbarcato sulla nave un Salvini in paurosa emorragia di voti e un Berlusconi, sempre più concentrato a spupazzare senilmente belle donne. Così è partito un altro governicchio, che non poteva essere chiamato in tal modo solo per il prestigio che aveva il Professor Draghi.
E la Meloni? Ha investito il tempo che gli alleati e gli avversari utilizzavano in governicchi, facendo il pieno di voti degli scontenti, in più rastrellando i consensi della destra, di coloro che hanno capito di non potere avere fiducia né in un incapace (Salvini) né in un puttaniere ottuagenario.
Il resto è cronaca delle ultime ore. La figlioccia di Benito e Almirante, irresponsabilmente spalleggiata dallo scemo e dal puttaniere, ha approfittato del suicidio dei grillini e, tutti insieme, hanno fatto saltare il banco.
Si andrà a elezioni tra due mesetti.
Scopro leggendo su Facebook, che ci sono tre correnti di pensiero.
1) Coloro che accusano di ogni misfatto i grillini, la DC, il PD, Draghi, Speranza, Arcuri, Conte (inteso come allenatore), Conte (inteso come politico), Bergoglio, Di Maio, Letta, Trump, Putin, Biden, Andreotti, Riina, Zingaretti, Calenda e Renzi. Questi signori non si sa bene per chi voteranno, ma giurano che mai voteranno a destra. Dimenticano che ogni voto sprecato è un voto dato alla destra.
2) Coloro che sogghignano e voteranno certamente la Meloni, ma non dicendolo apertamente per non essere accusati di fascismo. Esplicitamente però negano che la loro beniamina si ispiri a Mussolini: dicono sia una farneticazione della sinistra, quella sì, ispirata da Stalin, Lenin e Mao. Chissà perché tra Fratelli d’Italia, sorelle, cognati, zii e nipoti vi siano gli squadristi di Casa Pound e Forza Nuova.
3) Ultima scuola di pensiero: io. Continuerò a votare Berlinguer, cioè darò il mio sì, più che la mia fiducia, alla vecchia DC (che ora si chiama PD), nella fondata convinzione che ogni altro voto sia un premio a Meloni, Salvini e al vecchio arrapato (dice lui) Silvio. Perché alla mia non più verde età ho cambiato progetto di vita: da “non voglio morire democristiano” a “voglio morire ALMENO democristiano”.
La Resistenza fu una guerra spietata, combattuta non in trincea ma porta a porta da entrambi gli schieramenti. Nessuno nega che i partigiani furono spietati tanto quanto i nazifascisti, d'altra parte, ammetterai, che con cioccolatini e gentilezza o con "mettete dei fiori nei vostri cannoni" non si sarebbe vinta nessuna guerra.
Ci fu poi la pagina turpe delle vendette consumate a guerra immediatamente finita. Queste esecuzioni sommarie non sono legalmente tollerabili ma umanamente comprensibili se si considera quanti italiani, che avevano avuto parenti, amici, congiunti, uccisi da questo o quel dirigente fascista, non vedessero l'ora di tirare il collo ai colpevoli, con tutte le ingiustizie e gli abusi del caso.
Ho letto della strage dei sette fratelli Govoni di cui non ricordavo la vicenda. Va sottolineato che i colpevoli di quel crimine furono condannati all'ergastolo e già questo di per sé denota come i delitti dei partigiani non furono lasciati impuniti.
Altre parti dei brani che sono contenuti fanno sorridere per la comica faziosità che esprimono.
Leggo il commento al testo di Pansa: "...sottolineando le storie dei vinti e i soprusi dei presunti liberatori, i partigiani comunisti in realtà desiderosi di sostituire una dittatura con un’altra, la loro".
Ma va'?! Ma pensa quei cattivacci dei partigiani comunisti che, invece di sognare per l'Italia post fascista la costituzione di un emirato arabo, sognavano uno stato comunista! Invece è notorio che i partigiani cattolici combattevano per costruire uno stato mormone o quacchero, mentre i partigiani repubblicani e democratici rischiavano la vita per ripristinare l'impero di Cesare Augusto.
Un'affermazione sciocca come quella che ho virgolettato non poteva che essere scritta da il Giornale.
Tutti i partigiani dei diversi schieramenti - qualunque essi fossero - desideravano uno Stato italiano post fascista conforme alle loro ideologie! Dallo scritto sembra che fossero solo i comunisti a volere il comunismo. Gli altri non volevano la realizzazione in Italia di ciò che loro sognavano in base ai loro convincimenti? Ma per piacere!
La beffa è che, nonostante il prodigarsi dei cattivacci comunisti per instaurare la loro dottrina, gli unici a non riuscirci mai furono proprio loro: i comunisti italiani.
Dopo il fascismo si impose la DC (che non significa Dominazione Comunista) che è al governo praticamente in modo ininterrotto dal 1946 a oggi.
Se oggi in Italia abbiamo una dittatura, questa è cattolica, altro che comunista!
Quindi una lettura della storia che non nasconda i crimini della Resistenza è accettabile, purché non induca surrettiziamente scempiaggini che con la storia non hanno nulla a che vedere. Le verità storiche sono queste che elenco.
1) Il fascismo con la sua dottrina di tirannide e sopraffazione è all'origine della tragedia italiana del XX secolo.
2) La Resistenza fu la ribellione legittima e inevitabile alla demenziale guerra voluta da Mussolini e i suoi accoliti.
3) Dal 1943 al 1945 ci fu una guerra civile per la quale nessun aggettivo di deprecazione è sufficiente a esprimerne gli orrori. Gli orrori furono perpetrati da entrambi gli schieramenti, ma la responsabilità morale è del fascismo che con le sue follie abnormi provocò reazioni abnormi per abbatterlo. Se non ci fosse stato il fascismo non ci sarebbero stati partigiani.
4) Nell'immediato dopoguerra ci furono episodi orribili di vendette illegali che videro protagonisti frange particolarmente violente di ex-partigiani (non certo solo comunisti, come piacerebbe fare credere a chi considera il comunismo il Male con la lettera maiuscola). Queste vendette furono perseguitate dalla legge che punì i colpevoli, ovviamente ogni volta che fu possibile individuarli.
5) Per due o tre anni dopo la fine del conflitto, gruppi "sbandati" di ex-partigiani si diedero alla macchia compiendo atti di autentico brigantaggio, spesso in nome di una fede comunista che non venne mai riconosciuta da chi comunista lo era davvero. Esattamente come molti anni dopo il terrorismo rosso venne disconosciuto da Berlinguer.
Conclusione. La responsabilità storica di una delle pagine più buie dell'Italia moderna è del fascismo. Possiamo pubblicare non 1800 pagine ma un milione di pagine sulle efferatezze della Resistenza, ma la responsabilità morale di quanto successe in modo orribile è e rimane del fascismo, senza il quale non ci sarebbe stata quella tragedia, magari un'altra peggiore, ma quella no!